GRUPPO TEATRALE TARANTÂS

 

 STAGIONE 2020

 

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Brochure

 

 

STAGIONE 2019

 

Nido

Con MICHELE BELTRAMI e PAOLA CANNIZZARO
Drammaturgia e Regia ANGELO FACCHETTI
Consulenza per la partitura fisica ALESSANDRO MOR
Scenografia ed oggetti realizzati da GIUSEPPE LUZZI
Costumi GIOVANNA ALLODI, RICCARDO VENTO
Scenotecnica MAURO FACCIOLI
Musiche a cura di ALBERTO FORINO

Età consigliata: dai 3 anni


Una coppia di uccelli che si muove in sincronia, come chi si conosce bene e si capisce al volo. Un’armonia che genera un uovo. Perfetto. Bellissimo. Fragile. La cosa più preziosa.
Pieni di felicità i due uccellini cominciano a costruire un nido: lo vogliono grande ed accogliente per proteggere il loro uovo nel migliore dei modi. Servono pazienza, ingegno, immaginazione e volontà e i nostri due volatili ne hanno in abbondanza. Eppure... ogni volta che sono ad un passo dalla fine, qualcosa va storto.
Solo dopo innumerevoli e comiche sconfitte, che metteranno a dura prova le loro certezze e la loro armonia, i nostri eroi capiranno come l’importante sia disfarsi del superfluo per arrivare all’essenziale.
Lo spettacolo è il terzo capitolo di una "trilogia degli affetti" dedicata ai più piccoli che sperimenta un linguaggio teatrale senza parole e con pochi oggetti. Nei capitoli precedenti si è parlato di amicizia al di là delle differenze (Storia di un bambino e di un pinguino) e di amore (Abbracci). Nido vuole parlare ai bambini di come i loro genitori li hanno attesi, con gioia e trepidazione, preparando con tutta la loro cura e il loro amore il posto giusto in cui farli crescere.
Lo spettacolo si accosta dunque con ironia e delicatezza al tema dell’immediatamente “prima” della nascita. Parla di come una famiglia che cresce debba mettersi continuamente in gioco, litigare a volte, senz’altro chiedere aiuto, poter contare su un’intera comunità e non demordere mai.
Un modo sorridente per far scoprire ai bambini tutta la dedizione e la cura che hanno permesso il loro arrivo. Un omaggio a tutti i genitori imperfetti.

"Una parabola secca, come lo sanno essere solo le favole, ad alto potenziale simbolico. Senza parole, immagine pura, perché l’emozione è il migliore conduttore di calore e di senso, che rende obsoleto il linguaggio verbale. Non è un caso che anche la poesia, che di parole si serve, nel suo stato di grazia ammicca al non detto, all’ineffabile.
Nido, ultima produzione del Teatro Telaio che conclude la Trilogia degli affetti, riesce a trovare la saldatura giusta (poetica) tra tenerezza ed educazione civica. E’ un racconto sulla genesi, anzi sulla preistoria di un neonato, su quel cantiere d’amore che è necessario al suo concepimento, alla sua venuta al mondo. E l’amore non è la consumazione ego riferita del presente, ma un progetto di futuro che coniuga il politico e il privato.
Sul palcoscenico troviamo una coppia di gazze che zampettano in reciproca empatia. Dalla loro liaison nasce un uovo – trovata visionaria: viene calato dall’alto come un deus ex machina - e comincia la gestazione, la consegna della nuova vita, che è ancora in embrione ma implica la febbre dei preparativi dell’accoglienza. I due genitori si affaccendano con premura. Devono costruire il nido, la culla protetta ma i loro sforzi sono maldestri e il manualetto di istruzioni per l’uso fai da te non li aiuta. Qualche litigio, una richiesta di aiuto al prossimo, che non sortisce buoni risultati, finché la Natura, qui madre e non matrigna, fornisce la soluzione, che è la più semplice, elementare e appartiene alla fisiologia del suo essere. La Natura non ha sovrastrutture, ideologie o pregiudizi, compie miracoli a km zero. Basta un ramoscello per fare da recipiente all’uovo da cui eromperà la creatura, è l’amore che costituisce la condito sine qua non. Tutto qui. Intrattenimento leggero e calibrato, adatto all’età anagrafica del pubblico (dai tre anni in su), ma che già si avventura in territori gnostici, quelli della conoscenza, perché il Nido fa riflettere su cause ed effetti, sulla laica religione della vita, sullo stare insieme come comunità, sulla famiglia e sul teatro stesso come strumenti della trasmissione culturale. La platea (grandi e piccoli) ha gradito e partecipato festosamente. Michele Beltrami e Paola Cannizzaro, mimi e corpi d’attori, sono stati encomiabili, sobria ed efficace la regia Angelo Facchetti."

(Nino Dolfo, Corriere delle Sera, 24 ottobre 2017)


"Bravissimi i due attori Michele Beltrami e Paola Cannizzaro e deliziosa la regia di Angelo Facchetti, che con l'uso di pochi e semplici materiali riesce a dar voce alle emozioni e ai sentimenti. E soprattutto a dare un senso ad una storia d'amore che coinvolge non solo metaforicamente il pubblico, chiamato anch'esso sul palco a contribuire alla costruzione del nido."
(Ricky Barone, La voce del popolo, 26 ottobre 2017)


"E' uno spettacolo dolcissimo, dedicato ai più piccoli, e "consolatorio" per i genitori che rivivono, tra le risate dei figli, tutta la perplessità del ritrovarsi mamma e papà. (...) Non servono, davvero, la parole. Basta la bravura dei due attori e tutto lo stupore dei bambini che traspare guardandoli negli occhi."

(Wilda Nervi, Giornale di Brescia, 23 ottobre 2017)

 

 

 

 locandina

di e con Claudio Milani

Testo  Francesca Marchegiano e Claudio Milani

Scenografie Elisabetta Viganò, Paolo Luppino, Armando e Piera Milani

Musiche  Debora Chiantella e Andrea Bernasconi

Produzione  MOMOM - (Como, www.momom.it)


Sito internet  www.claudiomilani.com

 

LO SPETTACOLO

Ci sono storie di paura paurose. E altre divertenti.
Bù! è una divertente storia di paura, raccontata da un attore... e da una porta.
La porta è un confine: da una parte c’è il Bosco Verde, dall’altra il Bosco Nero.
Nel Bosco Nero vivono il Ladro, il Lupo, la Strega e il padrone di tutti: il terribile Uomo Nero. Nel Bosco Verde c’è una mamma rotonda come le torte, un papà forte, sette fratelli grandi come armadi... e anche un bambino, il piccolo Bartolomeo.
Sarà proprio lui, accompagnato dall’inseparabile copertina, a dover affrontare le creature del Bosco Nero... Fino a sconfiggerle una per volta.

Con un andamento narrativo di andate e ritorni, divertente e rassicurante come una filastrocca, vengono messe in scena le paure tipiche dei bambini.Vengono nominate, per far comprendere ai piccoli spettatori che esse sono patrimonio di tutti e che, con un po’ di coraggio, si possono sconfiggere e dimenticare.

In questo spettacolo, gli autori uniscono all’esperienza teatrale la comune formazione in ambito educativo, riuscendo nell’intento di affrontare un tema delicato per i bambini utilizzando la rinomata modalità narrativa giocosa e lineare.

Bù! insegna che le paure si superano e che ridere, a volte, è l’arma migliore.

 

LA STORIA IN BREVE...

C’era una volta una casetta in un bosco. Il bosco di giorno era verde e di notte era nero.

La casetta aveva una porta azzurra e nella casetta vivevano una mamma, un papà e i loro 7 figli che si chiamavano: Gino, Pino, Rino, Dino, Lino, Mino e Nino. Un giorno facendo una passeggiata nel bosco trovarono un bambino abbandonato, lo presero con loro e lo chiamarono Bartolomeo.

I sette fratelli di Bartolomeo erano grandi come armadi e lui era piccolo come uno sgabello. Essendo piccolo aveva sempre paura, soprattutto del buio, della notte, dei cattivi e dei ragni. I suoi fratelli a volte lo spaventavano facendogli ‘Bù!’. Però Bartolomeo aveva un segreto: con la sua copertina d’oro poteva mandare via tutte le paure.

Il papà andava a far legna nel bosco accompagnato da Bartolomeo e dai suoi fratelli. Un giorno il papà e la mamma andarono a trovare la nonna Benvenuta che si era ammalata e lasciarono a casa Bartolomeo e i suoi fratelli con la raccomandazione di tagliare legna di giorno e di rientrare a casa prima che il bosco diventasse nero.

Il papà e la mamma sarebbero stati lontani per tre giorni.
Il primo giorno Bartolomeo e i suoi fratelli andarono a tagliare legna nel bosco e sul finire della giornata fecero una corsa verso casa al grido di: ‘...lui ti prende alle spalle, e manda giù tutto intero, l’ultimo della fila, è dell’Uomo Nero’.
Bartolomeo correva più veloce di tutti, ma i suoi fratelli gli gridarono ‘Bù!’ e per lo spavento arrivò per ultimo, proprio quando il bosco da verde era già diventato nero.

L’Uomo Nero, dall’alto del suo castello nero si arrabbiò perché Bartolomeo stava correndo nel suo bosco nero e mandò il Ladro a prenderlo.
Il Ladro aprì la porta della casa con la chiave che fa aperto il chiuso e chiuso l’aperto e rubò Bartolomeo portandolo nella sua torre altissima chiudendolo nella prigione. Ma Bartolomeo strappò un pezzo della sua coperta e con il filo che si sfilava riuscì a scappare dalla torre uscendo dalla finestra. Con furbizia chiuse il Ladro nella sua stessa prigione e tornò a casa a dormire prendendo con sé la chiave del Ladro.
Quando l’Uomo Nero arrivò dal Ladro si arrabbiò perché Bartolomeo era scappato e si mangiò il ladro, poi, siccome il bosco stava diventando verde, andò a dormire anche lui.
Il giorno dopo Bartolomeo e i suoi fratelli andarono di nuovo a tagliare legna nel bosco e sul finire della giornata fecero una corsa verso casa e Bartolomeo arrivò per ultimo.
L’Uomo Nero, dall’alto del suo castello nero si arrabbiò perché Bartolomeo stava correndo di nuovo nel suo bosco nero e mandò il Lupo a prenderlo.
Il Lupo fece cadere a terra la porta di casa con la magia del dente che fa forte il debole e debole il forte ed entrò, prese Bartolomeo e lo portò nella sua tana.
Bartolomeo però prese un altro pezzo della sua coperta e lo avvolse attorno a un sasso. Il lupo mangiò il sasso credendolo un panino dorato e si ruppe il dente. Bartolomeo preso il dente, diventò fortissimo e legò le quattro zampe del Lupo appendendolo a testa in giù, poi tornò a casa. Quando l’Uomo Nero arrivò dal Lupo, non trovando Bartolomeo, si arrabbiò e si mangiò il Lupo.
Il giorno dopo di nuovo Bartolomeo rientrò in casa quando il bosco era diventato nero e l’Uomo Nero mandò la Strega a prenderlo.
La Strega usò la sua bacchetta magica che scambia il fuori col dentro e il dentro col fuori utilizzando la formula magica: “cacche secche e capperi buttati nell'olio, scambia il dentro col fuori, fa come voglio!” e portò Bartolomeo nella sua stamberga. Bartolomeo usò l’ultimo pezzo della sua coperta e lo diede alla Strega perché si sentisse più bella con i capelli d’oro
e quando lei si specchiò nell’acqua bollente del pentolone la buttò dentro. Poi Bartolomeo tornò a casa con la bacchetta della Strega.
Quando l’Uomo nero arrivò dalla Strega si arrabbiò così tanto che dopo essersi mangiato la Strega andò a prendere Bartolomeo. Muovendosi come un’ombra buia entrò in casa e prese Bartolomeo con tutti i fratelli chiudendoli in un sacco e portandoli nel suo castello nero. Mentre l’Uomo Nero preparava il fuoco, Bartolomeo scappò da un buco nel sacco, usò la bacchetta della Strega per entrare nella stanza nascosta del castello, usò la chiave del Ladro per aprire il forziere e trovò un cuore nero rovesciato e dentro al cuore nero rovesciato trovò un uovo.
Quell’uovo avrebbe sconfitto l’Uomo Nero, ma Bartolomeo non sapeva come.
L’Uomo Nero però si accorse che Bartolomeo era scappato, così lo inseguì. Bartolomeo si mise a correre e con il dente del Lupo sconfisse tutte le guardie dell’Uomo nero, ma correndo gli cadde l’uovo che si ruppe e da cui uscì una piuma.
L’uomo Nero stava raggiungendo Bartolomeo e aveva aperto la bocca per mangiarlo, ma Bartolomeo aveva capito come ucciderlo. Si fermò e poi passò sotto alle gambe dell’Uomo Nero che si ribaltò a pancia all’aria. Bartolomeo gli sfilò gli stivali e usando la piuma gli fece il solletico. L’Uomo Nero rise e la sua pancia si gonfiò fino a scoppiare in un oceano di piume. E l’Uomo Nero morì.
Bartolomeo e i suoi fratelli, con la mamma e il papà che erano tornati fecero una grande festa con tutti gli abitanti del bosco verde. Abitano ancora il castello dell’Uomo Nero che si era trasformato nel castello bianco con il tetto rosso.
Bartolomeo non ha più così tanta paura perché sa che se anche vede un ragno gli basta prendere un “Bù!”, chiuderlo in una mano e lanciarlo così: Bù!

 

 

 

 

 

 

locandina

Lo spettacolo è stato ideato nell’ambito del progetto Vivolibro, in occasione della manifestazione “PINOCCHIO” organizzata a Monforte d’Alba (Cn) nel mese di maggio 2017 dalla Fondazione Bottari Lattes e dall’Associazione Premio Bottari Lattes Grinzane.
Il progetto Vivolibro è dedicato alle scuole primarie sul tema del viaggio, della scoperta e della diversità come ricchezza. Si svolge nel centro storico di Monforte d’Alba, con cadenza biennale, ed è realizzato in collaborazione con la Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani Onlus di Torino.

IDEAZIONE E REGIA LUIGINA DAGOSTINO
CON CLAUDIO DUGHERA, DANIEL LASCAR, CLAUDIA MARTORE SCENOGRAFIA CLAUDIA MARTORE
COSTUMI GEORGIA DEA DURANTI
CREAZIONE LUCI AGOSTINO NARDELLA
TECNICO DI SCENA MATTIA MONTI
TEATRO DATTORE
DAI
5
ANNI

 

LA TRAMA

Chi di noi non conosce la storia di Pinocchio, il burattino ribelle, simpatico, impertinente e ingenuo che vuole fuggire dalla condizione di diversità, per diventare una persona vera? Lo spettacolo accompagna il pubblico tra gli innumerevoli episodi del romanzo di Collodi. Accanto a quelli più famosi, che tutti si aspettano di vedere, alcuni passaggi meno noti, in cui il nostro protagonista si lancia a capofitto in un mondo che per lui è ancora tutto da scoprire e interpretare. Un’allegoria della società moderna, dove emerge il contrasto tra razionalità e istinto, fame e benessere, generosità e ricerca del profitto personale. Ma anche la complessità del mondo infantile, così come quella di un mondo adulto che non sempre ascolta e guarda davvero all’essenza delle cose. Pinocchio non è solo una storia per bambini, perché Pinocchio è ognuno di noi.

 

Le tematiche principali dello spettacolo possono essere sintetizzate come segue:

LA DIVERSITA'
Il nostro protagonista intraprende un faticoso viaggio evolutivo, spinto dalla propria aspirazione al cambiamento: poter diventare qualcosa diverso da sé. In altre parole, cresce. Egli è un pezzo di legno atipico, molto particolare: non solo perché è in grado di parlare, ma perché vuole cambiare la sua esistenza in modo radicale. E' un personaggio originale che agisce come un qualsiasi bambino: curioso, impulsivo, ingenuo, mentitore.

IL VIAGGIO
La strada è il luogo del viaggio: qui gli individui crescono trovando, lontano da legami affettivi, una propria dimensione esistenziale attraverso esperienze dirette. Il viaggio e l'avventura come metafora del diventare adulto. Insomma, l'evoluzione della vita in maniera tragicomica e scanzonata. Dopo una serie di capitolazioni, ripensamenti, bugie, decisioni sbagliate e buoni consigli ignorati, Pinocchio acquisisce maggiore consapevolezza di sé, fino a fare il balzo finale e raggiungere la propria nuova identità.

LA BUGIA
Un altro tema importante è la bugia. Come dice la fata “Vi sono le bugie che hanno le gambe corte e quelle che hanno il naso lungo”. A Pinocchio, ogni volta che mente, gli si allunga il naso. In generale il burattino non sa mantenere le promesse: dice una cosa, ne fa un'altra. Le sue bugie sono dettate dall'incertezza: come scegliere tra istruzione e divertimento? Pinocchio non è l'unico a dire falsità; la bugia è ovunque e ha vari aspetti. Nel corso del romanzo, queste bugie vengono accettate come verità dal protagonista, per mancanza di malizia ed esperienza. I raggiri più clamorosi sono quelli del Gatto e della Volpe che non esitano a truffarlo, lasciandolo poi solo a piangere nel campo dei miracoli. La lotta contro la bugia è molto dura e Pinocchio soccombe quando si lascia convincere a partire per il Paese dei balocchi da Lucignolo che, più scaltro di lui, capisce subito quanto sia ingenuo e con un carattere manipolabile, non ancora consolidato. La menzogna più ostile e viscida è quella dell'Omino del carro che accompagnerà Pinocchio nel paese dei Balocchi. Egli simboleggia coloro che non si fermano davanti a nulla pur di raggiungere il massimo del loro profitto. Di questi soggetti ne esistono molti anche fuori dai romanzi. Per Lucignolo che non può avere l'aiuto di figure sagge e amorevoli l'episodio risulterà fatale.Tutti i personaggi, per motivazioni differenti, alterano la verità. Ognuno provvisto di una propria maschera.

LA METAMORFOSI
Chi è Pinocchio? Un vegetale, un animale, un umano... E' un eroe, anti-eroe.
Fin dall'inizio è consapevole del fatto che restare un pezzo di legno, o peggio essere trasformato nella gamba di un tavolino, non può rappresentare il suo futuro. Egli ha un suo scopo preciso, a dispetto di tutto e di tutti: vivere libero, con una propria coscienza, regista di se stesso.

 

LA STRUTTURA DELLO SPETTACOLO

Gli attori, attraverso un gioco di continua trasformazione dei personaggi, propongono una storia dinamica e divertente, benché non manchino tuttavia spunti di riflessione talvolta malinconici. La messa in scena mette in luce un’allegoria della società moderna, il contrasto tra rispettabilità e istinto, fame e benessere, rispetto e profitto evidenziando la complessità del mondo infantile, ma contemporaneamente anche quella del mondo adulto che non sempre ascolta, rispetta e guarda davvero.


 

 

 

 

Col naso all'insù–locandina

da un’idea di Giorgio Rossi

 

una produzione Associazione Sosta Palmizi

 

una creazione di

Giorgio Rossi, Elisa Canessa, Federico Dimitri e Francesco Manenti

 

Percorso drammaturgico Nadia Terranova


interpreti Elisa Canessa, Federico Dimitri e Francesco Manenti


costumi Roberta Vacchetta


illustrazioni e scenografie Francesco Manenti


spettacolo adatto a un pubblico dai 4 anni

 

 

Siamo a Kronos, un luogo senza tempo dove lavorano tre bizzarri figuri in camice medico. Precisione, efficienza, natalità: qui si decide il destino di ogni nascituro, qui lo si spedisce ai futuri genitori secondo rigide, imperscrutabili regole che nessuno, fin dai tempi di Adamo ed Eva, ha mai messo in discussione. Finché un giorno un futuro bambino si ribella: proprio non gli va che qualcuno decida per lui. Vuole scegliere da solo. Ma non si possono scegliere i propri genitori. O forse sì… Nel corso dello spettacolo vengono mostrati, raccontati e danzati diversi tipi di mamme e papà: buffi, giocosi, teneri ma anche arrabbiati, nervosi, assenti. Infinito è il catalogo dei candidati, e infinite le sfumature che ciascuno di loro nasconde, perché dietro le apparenze c’è sempre qualcosa di inaspettato. Su chi cadrà la scelta?
Col naso all’insù è un libero gioco in cui le emozioni e i comportamenti diventano spunto per la creazione di un momento spettacolare tra parola, danze, clownerie e musica. È un inno al potere dell’immaginazione e della libertà. Un’occasione per divertire, stupire, e delicatamente far riflettere.

 


Nota degli autori:

 

“La nostra prima ispirazione viene dal Catalogo dei genitori, un libro di Claude Ponti in cui i bambini possono osservare un’esilarante carrellata di tipologie di genitori fantastici e surreali. Altre letture fondamentali sono state gli scritti di Jorge Luis Borges e Stefano Benni, in cui animali immaginifici popolano mondi paralleli e la fantasia non ha confini. Ma non sono forse anche le mamme e i papà, per i loro bambini, degli esseri straordinari, meravigliosi, irresistibili e buffi? Questi esseri che li hanno procreati sono il loro riflesso, tutto da scoprire ed immaginare. Saranno loro che li accompagneranno nella loro formazione e per tutta la vita.

L’amore che lega un genitore al proprio figlio è per sempre. Ed è l’amore più bello…ma anche quello più complicato! Col naso all’insù è il pretesto per giocare con leggerezza proprio su questo; dare libero sfogo alla fantasia e creare genitori bizzarri, stupefacenti, terribili e magici. Genitori albero e genitori tascabili. Affascinanti e impossibili. Per poi scoprire, alla fine, che un po’ di magia i nostri genitori ce l’hanno davvero. Basta solo saperla riconoscere…

L’ispirazione più profonda che riconosciamo come autori per la creazione dello spettacolo è quello di essere stati figli, ancora prima di genitori perché come scriveva Antoine De Saint-Exupéry ne Il Piccolo Principe : “Dedicherò questo libro a Tutti i grandi che sono stati bambini una volta. (Ma pochi di essi se ne ricordano)“.

 

I linguaggi scenici dello spettacolo:

 

Col naso all’insù utilizza il linguaggio del corpo, della parola, del disegno, della musica, della danza e di altre forme di espressione scenica. Per immergersi fino alla punta dei capelli in questa avventura dalle molteplici facce e dar vita a questi esseri fantasmagorici chiamati genitori. Il teatro diventa allora uno zoom sulla vita che con strane lenti deforma la realtà per poi ricrearla. Un aspetto altresì molto importante sarà la povertà di mezzi tecnologici. Gli artisti punteranno sulla semplicità dei corpi, sulla loro abilità e le loro infinite possibilità creative. Questo, come contrapposizione a questo nostra epoca di eccesso tecnologico che tende a fermare ogni muscolo, anche quello dell’immaginazione. Ecco perché lo spettacolo ha come obbiettivo quello di riattivare la voglia nei bambini di giocare tra loro nello spazio e nel tempo senza protesi elettroniche.

 

 

brochure

 

 

STAGIONE 2017-2018

 

locandina controvento

Controvento storia di aria, nuvole e bolle di sapone

Oggi è grande festa in Teatro! E' 15 luglio del 1913 e sul palco c'è un bellissimo Biplano interamente costruito dal nostro Aviatore in persona che dopo un breve discorso partirà per la Grande Avventura!
Tra lo scetticismo di alcuni e l'entusiasmo di altri il nostro Eroe si alzerà presto in volo e ci porterà in mondi sconosciuti, meravigliosi e lontani, forse troppo lontani...

Raffiche di vento, morbide e schiumose nuvole, gigantesche bolle di sapone ci accompagneranno in un viaggio al di là dei confini terrestri, in compagnia del nostro Eroe Aviatore
Un moderno Icaro, spaventato e coraggioso, spericolato e pasticcione, ma determinato a realizzare i suoi propostiti a costo di dover sacrificare le cose a lui più care.

Dedicato a tutti i sognatori, più o meno eroici, che non hanno mai lasciato nulla di intentato.

Controvento” è il nuovo spettacolo in “solo” di Michele Cafaggi, clown e attore che da molti anni lavora con la tecnica delle bolle di sapone. Ogni spettacolo nasce da una ricerca sulle tecniche, gli oggetti e le storie da raccontare.

Spettacoli senza parole dove magia, clownerie, bolle di sapone e arti circensi si fondono per dare vita a spettacoli di raffinato divertimento adatto ad un pubblico di ogni età.

 

 

locandina 

Una storia di amicizia tra una piccola pianta dalle lunghe foglie e Alma, un personaggio a metà fra l’età adulta e quella infantile, ancora sognante. Un percorso (di crescita) scortato da un uccellino, Cicerino, che condurrà le due protagoniste verso la scoperta di tutte le ricchezze della natura, compreso l’animo umano.

Il progetto nasce dall'esigenza di rivelare il mondo misterioso della natura agli occhi di coloro che, a causa dello stile di vita troppo frenetico e "cittadino", dimenticano l'importante e fondamentale connessione con la terra. Per realizzare questo obbiettivo si è scelto di dare voce musicale ai 4 elementi della Natura forgiando veri e propri personaggi animati da suoni ricercati all'interno delle infinite possibilità d'espressione del corpo umano: l'esplorazione della voce e del corpo diviene dunque strumento musicale.

La storia

Alma e Gaia sono due amiche alla ricerca di un luogo adatto in cui vivere; durante il loro viaggio apprendono i misteri e le voci della natura, ma soprattutto comprendono che Gaia, essendo una pianta, non può proseguire in quanto ha bisogno di radicarsi nella terra. Alma dovrà prendere una scelta impegnativa: separarsi dalla sua amica o restare per sempre in quel luogo? Sceglierà di rimettersi in cammino e proseguire in solitudine il suo viaggio, alla ricerca della propria madre.        Lo spettacolo è suddiviso in 4 quadri. Il primo quadro affronta il tema dell’aria: le due protagoniste verranno sorprese dall’arrivo del vento, ma Alma riesce a domarlo imprigionandolo nella sua coperta. Poi è il turno della nebbia che avvolgerà le due amiche privandole del senso della vista. Nel secondo quadro Gaia ha bisogno di acqua, ma per fortuna la pioggia non tarda ad arrivare. Dopo l’acquazzone, Alma giocherà a calpestare le pozzanghere scoprendo il suono che ne consegue. Nel terzo quadro scende la notte: misteriose palline infuocate si avvicinano alle due protagoniste; sono scintille, e Alma non rinuncia a giocare anche con esse. Ma le scintille si trasformano in fuoco il quale trasforma in cenere l’amata pianta. Nell’ultimo quadro, quello dedicato alla terra, una talpa suggerisce ad Alma la soluzione, ovvero piantare un seme di Gaia, quel seme germoglierà e Gaia potrà tornare a vivere. Questo, però, per Alma, significa proseguire il suo viaggio in solitudine.

 Il messaggio


Il significato dello spettacolo è la crescita che deve affrontare ogni individuo al fine di trovare la propria identità.
Il ciclo degli elementi, come quello delle stagioni, è anche ciclo della vita inteso come morte e rinascita. Alma imparerà ad accettare la separazione e lascerà per sempre quella “dimensione” per trovare una nuova identità di essere umano.

Linguaggio

Teatro d’atmosfera, con elementi di nouveau cirque.

 

 

 

locandina 

Non è forse vero che prevale la tristezza, la preoccupazione, l’accoramento? E allora quel che ci vuole è un cordiale. Abbiamo pensato così, quando ci siamo decisi a riportare allo scoperto una delle linee di ricerca che ha caratterizzato, fin dall’inizio, il nostro teatro, la strada del clown. Ci siamo detti: “non è forse vero che proprio lui, il clown, è oggi il vero simbolo del teatro, più ancora di Amleto o Arlecchino? E che il teatro tutt’intero, in questi giorni di crisi e di tagli, rischia di far fiasco, di fare un salto mortale?”. E allora tiriamoci su con un cordiale. Proviamo a ridere.

Bianco e Augusto se ne stanno lì, hanno bisogno di così poco: abiti semplici, qualche
oggetto, esigenze tecniche ridotte quasi a niente.
Lo spettacolo è tutto qui: un dialogo fatto di salti mortali, di finti schiaffi e pugni.
Fatto di lombardo, di francese maccheronico, di un italiano aulico che si scontra con
i costumi da clown e gli schiaffi da circo. Fatto di ritmo e di prodezze. Fatto di salti mortali. Fatto di poesia materiale. Perché Bianco e Augusto sono clown, e se questo può sembrare poca cosa, o un tema troppo semplice per uno spettacolo, è solo perché non sempre si riconosce la complessità del comico. Che è la base stessa del teatro.

I due si insultano, si minacciano. Parlano solo tra loro, e solo dei fatti loro: ma, come accade coi clown, il pubblico è come se stesse in scena con loro. E loro – che sembrano immersi solo in un legame reciproco fatto di ostilità esibita, e di un ben protettoaffetto – in un attimo possono smettere il loro fitto colloquio per occhieggiare una spettatrice, per rivolgersi a uno spettatore. Sbagliano anche le azioni più semplici, come si conviene a due clown. E poi rimediano con un’azione acrobatica.

Jacques Lecoq – che è uno che di clown ne sapeva certo più di noi – ha detto che il clown è colui che fa fiasco e così porta lo spettatore al proprio fianco, anzi lo mette in condizioni di superiorità. Ma non basta sbagliare una cosa qualsiasi. Anche lo sbaglio dev’essere difficile: una prodezza.

Il lavoro del clown è tutto qui: mostrare il fiasco. E non averne paura. Per questo non dipendono dagli spazi che li ospitano: teatri, strade, piazze, carceri, scuole o giardini. Per loro fa lo stesso.

con:

Alessandro Rigoletti, Ruben Manenti
regia: TTB Teatro tascabile di Bergamo
collaborazione drammaturgica: Alberto Gorla
con in contributo di: Regione Lombardia-Progetto Next Laboratorio delle Idee

 

locandina

 

GENERE TEATRO-CIRCO

 Durata 50 min  / consigliato per tutte le età

 

C’è stato un tempo in cui super Cosimo fu l’uomo più forte del mondo. Anni di voli stellari e imprese mozzafiato, salvataggi eroici e corse all’impazzata. Anni in cui tutto gli era possibile, pareva proprio che fosse invincibile.

Poi un bel giorno senza alcun preavviso perse tutti i suoi poteri. Addio salti prorompenti e sorrisi ammalianti, braccia allungabili e occhi penetranti.

Nulla più riusciva a fare e si rinchiuse in casa ad aspettare...

Uno spettacolo tragicomico raccontato attraverso il teatro, il mimo, l’acrobatica, il rumorismo, il tip tap, la musica e il fumetto. Un incrocio di discipline artistiche non solo come elemento accessorio ma come caratteristica identificativa del progetto.

I linguaggi metaforici saranno al servizio di una narrazione lineare in cui le risate si mischieranno ai virtuosismi e alla poesia.

Super Cosimo come simbolo dell'uomo moderno: della sua insicurezza e del suo isolamento. Una riflessione su cosa ci rende potenti, sull'amicizia e sul coraggio di uscire per andare incontro a un mondo meraviglioso che è lì ad aspettarci.

Tutto ciò attraverso dei personaggi grotteschi e surreali in cui potranno identificarsi spettatori di tutte le età.

 

 

 

 

 

 

 

 

Inizia una nuova stagione teatrale dedicata ai bambini e alle famiglie, organizzata dal Comune di Ospedaletto in collaborazione con il Gruppo Teatrale Tarantâs.

Il teatro è un luogo magico per i bambini, pieno di fascino, un po' misterioso, un luogo in cui si può assistere a spettacoli incredibili e vedere attori in carne e ossa che interpretano storie straordinarie capaci di far sognare, ridere, emozionare.

Non private i vostri bimbi del piacere di assistere fin da piccoli ad uno spettacolo teatrale. Sarà un’esperienza che lascerà un segno importante dentro di loro, un ricordo bellissimo e uno stimolo per il futuro.

Il teatro, come la lettura, è divertente, appassionante e coinvolgente.

Perché la cultura non è noiosa, tutt’altro…

L’Amministrazione comunale di Ospedaletto

 

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cartellone

 

brochure

 

 

STAGIONE 2016-2017

 

di e con:   Giulia Rossi, Nicoletta Grolla Cegalin e Paolo Piludu
scenografie: Giulia Rossi, Carlo Zanin 
messa in scena: Maril van den Broek
produzione: Circo in Valigia

costumi: Giulia Rossi
costruzione pupazzi: Giulia Rossi

SABATO 4 MARZO ore 17,30

Teatro Comunale Ospedaletto

 

"C’est Magnifique" è un spettacolo comico con acrobazie aeree, abilità musicali, pupazzi di gommapiuma e giocolerie emotive.

È uno spettacolo di Clown, o meglio, con tre Clown che danno i numeri…

…e a proposito di numeri: una sega musicale, un organetto diatonico, un cerchio aereo, sei palline rimbalzine, un paio di scarpe da tip-tap, un ukulele, una tela aerea di cinque metri, quattro pupazzi, due cucchiai da minestra, cinque cappelli da manipolazione, tre sedie e tre valigie di pelle… tutto in 60 minuti! Tutto in un continuo folle gioco e cambi di scena.

È uno spettacolo Noir, dinamico ed esilarante.

Tecniche di Circo, musiche dal vivo, giocolerie, sapientemente miscelate dalla regia di Maril Van Den Broek ( Cie du Pas’Sage - FR -)

 

La storia:

In un’atmosfera vagamente cupa e surreale, conosciamo Gregorio, il primo ad entrare in scena.

La sua gobba ed il suo enorme cappotto parlano per lui, sembra che nulla gli vada per il verso giusto… lo vediamo irascibile, ribelle, buffo e molto arrabbiato con i pappagalli della Signora Ida (pupazzi di gommapiuma).

Ida è il capo indiscusso dello strano Circo in cui ci troviamo, domina Gregorio anche con il più piccolo cenno. L’unica che si senta realmente a suo agio in scena… il loro è un equilibrio da gatto e topo, ma pur sempre un equilibrio, che viene spezzato dall’arrivo della nuova artista, Miss Molly, un’ acrobata.

Ma lei chi è? E cosa sa fare? E per chi tifa adesso Gregorio?

Inizia il tutti contro tutti! Non si risparmiano bende, cerotti e tirate per le orecchie, tutto sembra andare alla deriva… ma così è la vita: C’est Magnifique!

Spettacolo adatto da 0 a 99 anni.

 

 

Locandina

 

di e con Roberto Capaldo e Walter Maconi | tele dipinte Biro | consulenza coreografica Enrica Fazi | luci e realizzazioni scene Iro Suraci | collaborazione tecnica Gabriele Manzitto

 produzione Residenza Idra in collaborazione con Associazione Rebelot 

Età: Lo spettacolo è indirizzato ai bambini dai 6 anni in poi e, tenendo conto della “lezione” data dai migliori film di animazione degli ultimi anni, agli adulti che li accompagnano.

 

Note di drammaturgia

Nella fiaba di Charles Perrault, il bambino piccolo come un pollice, sconfiggendo il “simbolico” nemico, affrontava in realtà le proprie paure e ne usciva arricchito. Era cresciuto. L’orco non poteva più albergare nell’animo “emancipato” di Pollicino ed era costretto a riadattarsi altrove, a cambiare, a crescere anch’egli a suo modo. E’ per questo che abbiamo immaginato che in un ipotetico “dopo” entrambe fossero diventati uomini, capaci cioè di provare tutta la gamma di sentimenti umani, come un bambino sa fare ma a cui ancora non sa dare un nome. Quando Pollicino e l’Orco si rivedono, vivono un vero e proprio caleidoscopio di emozioni. L’idea legata al passato che ognuno ha dell’altro si scontra con la sorpresa di scoprirsi trasformati, ma si accompagna anche al timore che il cambiamento non sia autentico.

Durante l’intera messinscena i bambini sono portati a identificarsi nelle convinzioni e nelle paure di Pollicino, in quanto eroe positivo e a diffidare dell’Orco, cattivo e mangia uomini per antonomasia. Certo il tentativo di cambiamento dell’orco è goffo, sicuramente ambiguo nelle modalità, oggettivamente difficoltoso se considerato il punto di partenza. Però egli dice la verità sin dall’inizio, il suo è un cambiamento sincero. Di fatto tanto basta, sommato alla diffidenza di Pollicino, per non credergli. Sarà solo lo svelamento finale a sciogliere ogni dubbio e a far capire ad entrambe che forse, d’ora in poi, potrebbero fidarsi l’uno dell’altro.

 

 

 

 

locandina

di e con Consuelo Conterno e Claudio Giri
regia Giorgio Boccassi, Consuelo Conterno, Claudio Giri

Roclò è un vecchio termine piemontese; sono le cose inutili e ingombranti, ormai vecchie e destinate alla spazzatura.
Sono roclò gli oggetti che i due protagonisti trovano ammucchiati disordinatamente sulla scena ma che porteranno gli spettatori verso luoghi incantati, perché anche l'oggetto più umile, un flacone di detersivo, una scopa, un ombrello ha in sé la capacità di raccontare storie piene di meraviglia.

Ronnie e Camilla, figure clownesche il cui compito “ufficiale” è quello di sgomberare il teatro dall'immondizia, attraversano con gli occhi del clown le storie di tutti gli oggetti che incontrano, trasformandoli e utilizzandoli come curiosi insoliti strumenti per eseguire brani musicali, giocolerie, numeri di destrezza e altre divertenti diavolerie.

Così, da un’apparente confusione e da un susseguirsi di divagazioni, la musica, il racconto, la fantasia, l’arte del gioco e della giocoleria restituiranno ad ognuno degli oggetti rifiutati la dignità e la ragion d’essere, l’anima che gli permette di prolungare la propria vita prematuramente abbattuta dalla sindrome del consumismo, l’agente patogeno responsabile di inquinamenti ambientali e mentali.

E sul finire non ci sarà più il caos ma ritroveremo tutto quanto ben ordinato a far parte di un museo della fantasia, in un salottino in cui gli oggetti “buttati via”, saranno ordinati in bella mostra sugli scaffali e dove i bambini saranno perfettamente a loro agio avendo conosciuto, attraverso il teatro, le loro storie.

L’approdo finale della storia è la necessità di una riduzione dei consumi inutili: gli oggetti riscattati grazie al contributo creativo di Ronnie e Camilla vivranno una nuova vita, diventando così “gli attori e le attrici del grande circo degli oggetti abbandonati, che girera