GRUPPO TEATRALE TARANTÂS

 

 

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SILENZIO!

per riflettere sugli sconfitti della Prima Guerra Mondiale

spettacolo itinerante strutturato su 9 tappe

genere| teatro d’attore e di parola
interpreti| Daria Ferraro, Paolo Melchiori, Mario Costa, Giuseppe Costa
accompagnamento musicale| Grupo Vocale Sintagma
testi| G.t.T. e AA.VV.
drammaturgia e regia| G.t.T.
materiale scenografico| G.t.T.
costumi| Elisa Tison, Raffaela Ciaccia
   

     Chi sono i vinti della prima Guerra Mondiale? Gli austriaci? I tedeschi? Gli italiani? Formalmente forse sì, ma noi pensiamo che gli sconfitti siano stati gli uomini: tutti! Quello che si combatté cent’anni fa fu un conflitto che, forse per la prima volta, portò devastazioni inimmaginabili di territori, di economie, ma soprattutto di tessuti sociali e relazioni. Nel volgere di poco tempo migliaia di uomini furono strappati alle loro abituali attività e scaraventati in un mondo assurdo, costretti a vivere nel fango delle trincee come topi, trasformati in birilli da schierare davanti al fuoco nemico, in una parola cancellati, ridotti al silenzio, privati, come furono privati, della loro identità di individui. Il cambiamento imposto dalla guerra sconvolse anche le vite di chi era rimasto a casa. Tanti dovettero sfollare dalle zone interessate dal fronte, ma sono state soprattutto le donne a dover sobbarcarsi, insieme al dolore per il pensiero dei loro cari in prima linea, il compito di provvedere non solo al sostentamento della famiglia rimasta, ma anche ai bisogni della società. Sono uscite così di casa per badare ai lavori nei campi, per entrare in fabbrica e negli uffici. Sono state investite di ruoli dirigenziali per poi essere nuovamente dimenticate a fine conflitto. La Prima Guerra Mondiale, come tutte le guerre, ha causato tragedie, dolori, traumi che si sono trascinati per decenni, eppure gli uomini, salvo rare eccezioni, non si sono opposti, così come non l’hanno fatto con la Seconda e come non lo fanno per le decine di guerre che insanguinano oggi il mondo. Perché?
      In “Silenzio!” non c’è una risposta vera e propria; semmai una nostra lettura degli avvenimenti macroscopici che hanno caratterizzato la Prima Guerra Mondiale, tradotti in una sequenza di aggettivi con valenza di soggetto (il desiderabile - l’incredibile - l’impensabile - l’impossibile - l’indicibile - l’improbabile - l’inevitabile) a formare il nerbo della drammaturgia. Su tutto incombe la figura che richiama il Moloch con il quale il poeta della beat generation Alan Ginsberg identificava il capitalismo e la sua macchina bellica con la quale esso, al pari di una divinità antica, manda i propri figli a morire in guerra. Un Moloch che tutto digerisce, pronto a cambiare ogni cosa affinché nulla cambi, intento solo a perpetuare se stesso. E poi ci sono gli uomini con le loro aspirazioni, le ingenuità, le ottusità che li portano fra le braccia di un destino spesso doloroso e infausto; ieri come oggi. Eppure, come affermava Erasmo da Rotterdam nei suoi “Adagia” “La natura ha voluto che l’uomo non le fosse debitore della vita, ha preferito che egli dovesse la vita alla benevolenza, affinché comprendesse di essere stato concepito per provare gratitudine e sentirsi legato agli altri uomini. Gli ha dato braccia per abbracciare e labbra per baciare, affinché con il bacio gli uomini, per così dire, si congiungessero gli uni agli altri anche con l’animo.
      Se tutto è così semplice perché diventa impossibile tradurre nella realtà questa come tante altre considerazioni filosofiche? Non lo sappiamo, o forse sì, ma non lo diciamo. In “Silenzio!” -con l’ausilio anche delle belle voci a cappella del Gruppo Vocale Sintagma di Feltre, che interpretano con bravura le originali armonizzazioni dei brani che accompagnano e a tratti supportano la messa in scena- proviamo a costruire un percorso che enfatizzando l’assurdità dei comportamenti umani, emozioni e crei nello spettatore una inaspettata frattura che lo metta per un momento in contatto con se stesso, così da ascoltare se una risposta esiste a questo come ai molti interrogativi che ogni guerra porta con sé.

 

 

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